giovedì 30 ottobre 2008

raggi obliqui


ancora qualche scatto del salone
in questo giovedì inaspettatamente sgombro di nuvole e lacrime di pioggia
a sbirciare dal balcone le ultime foglie tenacemente incollate ai rami
intiepiditi da un sole sempre più obliquo tinteggiato di castagne e melograno.
salone terminato e ricette in arrivo!


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lunedì 27 ottobre 2008

raccontando il salone

tanto gusto questo è fuori discussione quanto gusto nell'incontrare
così tanti volti diversi, spinti da motivazioni differenti
in uno spazio enorme, il Lingotto di torino
(meglio, parte del lingotto che io soprannomino Lungotto per le dimensioni)
raccolti in un'atmosfera sospesa di profumi intrisi di sapori di tutto il mondo.
quel che mi ha colpito del salone, come si nota nelle foto sono soprattutto
i colori e gli occhi dei tanti che ho incrociato, inseguito con la camera,
osservato, dolcemente spiato, tutti quelli che a loro insaputa raccoglievano un assaggio
ed io alle calcagna a raccogliere impressioni.. quasi come questa raccolta potesse in un certo senso aiutarmi nel ritrovarmici io in tutta questa bizzarra dimensione.
i Presidi Slow Food hanno rappresentato una parte molto estesa ed interessante del Salone, non solo per le particolarità che i presidi sono volti a tutelare quanto per quel retrogusto internazionale che tra gli stand, i cucchiaini di assaggio e le voci si respirava a mani larghe.
in particolare, il cacao nacional del perù (e le sue fave di cui mi hanno gentilmente fatto dono e che ho sgranocchiato per tutta la visita, del resto ci voleva energia per tutti questi assaggi..), la vaniglia di Mananara (Madagascar), i datteri dell'oasi di siwa (egitto), il miele aromatico del Vulcano wenchi (Etiopia), olio marocchino di Argan (alimentare e non), il cardamomo di Ixcàn (Guatemala), l'uvetta afgana di Abjosh di Herat.. per arrivare alla ns Europa con il pollo guascone francese, il fagiolo nero di tolosa, il miele da bere polacco (2 bottiglie all'attivo per la sottoscritta), il formaggio verde di Tcherni Vit, tutti prodotti che ho assaggiato e in parte acquistato (il trolley si è rivelato valido assistente e spalla per il peso degli acquisti!).

I nostri italici sono numerosissimi e non saprei quali non citare per rispetto verso ciascuno di questi prodotti. Brevemente eccezionali i formaggi, dal Castelmagno d'alpeggio, al Bitto della Valle omonima, al Provolone del Monaco di Vacca Agerolese (Campano) per arrivare all'oca in onto veneta, ai mandarini tardivi di Ciaculli, al Capocollo di Martina Franca oppure la mortadella di Prato dalla grana meno sottile di quella emiliana e con un sapore di macis, coriandolo, cannella, pepe nero.. insomma credetemi una lista lunghissima che risulterebbe noiosa per un viaggio tra sapori e paesi per me inedito e che in parte si ha modo così di conoscere nelle tipicità e nelle lontane collocazioni geografiche!

Sono molto orgogliosa oggi di aver imparato che il sedano nero di Trevi è umbro e che la robiola di Roccaverano invece è piemontese, nè!
per quel che sento, l'ingresso merita solo per questo squisito e curioso viaggio nel mondo dei Presidi, senza dimenticare in questo breve racconto la nota squisita delle macchie di colore che distraevano dai cibi degli abiti dei piccoli coltivatori africani, asiatici ed europei. Insomma un carnevale di sapori e non solo!

Un altro momento piacevole del Salone è lo street food che in realtà non ha molto a che vedere con il cibo di strada tout court o meglio rappresenta un cibo che comodamente si può gustare per strada, passeggiando o sdraiati all'ombra di un mandorlo (i più fortunati) o di un salice (questo è il mio albero quando la primavera torna a bussare) e che comunque si caratterizza per essere davvero lo Sfizio a cui non resistere. Lo street food comunque ben si adatta a diventare home food.



Piacevole così ritrovare l'Antica Focacceria di san Francesco a Palermo che conobbi qualche anno fa con i suoi arancini ma soprattutto con il celeberrimo panino con la meuza che però ammetto di non apprezzare troppo, il Consorzio Focaccia con il formaggio di Recco della bella Liguria, un formaggio che definirei simile allo stracchino ma leggermente più acido e sapido di quest'ultimo (una focaccia spettacolare come solo gli amici liguri sanno fare), i calamari fritti della mia Riviera del Brenta, delicati, croccanti e vestiti in un cono di carta goloso, le bombette pugliesi di Alberobello ECCEZIONALI, in pratica una fetta consistente di capocollo arrotolata e ripiena di formaggio (la scelta del formaggio dipende da zona a zona e va dalla provola ad un formaggio più saporito) fumanti, croccanti, gustosissime e finite con qualche colpo di mascella (alla faccia dello slow..!).. e per finire la piadina romagnola che qui dalle mie parti si rispolvera sempre verso mattino quando si rientra da una serata lunga sotto le stelle!
Lo street food pur preso d'assalto è stato per quel che ho assaggiato, quasi tutto di quel che ho citato, efficiente, veloce, sostenibile quanto a rapporto porzione/prezzo (una porzione di bombette, circa 7/8, 5 euro) insomma davvero all'altezza di una massa scalpitante di gente che affamata non era ma in preda a raptus golosi cercava di afferrare al più presto il proprio bottino.
In questi casi molto slow si deve cercare di rimanere!
In coda lascio la parte dedicata agli espositori che meno naturalmente mi ha colpito, rappresentando la parte più convenzionale tipica degli eventi fieristici e meno filtrata.
Ho certamente incontrato produttori di senapi decise e saporite così come formaggi francesi libidinosi (non riesco a togliermi dalla testa un certo roquefort papillon, nemmeno al mattino, aiuto) quanto tuttavia produttori poco slow e in linea con standard qualitativi e gioco forza quantitativi simili se non coincidenti con quel che tra gli scaffali del supermercato incontriamo nel nostro agire quotidiano.
E' allo stesso modo evidente che una manifestazione di questa portata si sorregge anche con la partecipazione di chi non ha prodotti slow ma ha denaro per consentire agli slow di avere voce in un'occasione importante.
e nonostante questo ho avuto modo di ritrovare produttori affidabili, come il pasticcerre vicentino Loison ed apprendere solo ora, mea culpa, che il suo panettone al mandarino si impreziosisce del presidio slowfood del mandarino tardivo di Ciaculli dall'essenza indimenticabile.
Insomma tutto è conoscenza per chi ha occhi ed orecchie e la pazienza di scoprire anche dove si pensa di conoscere qualche notiza utile o anche solo sfiziosa su quel che avviciniamo alle nostre papille gustative a volte fin troppo assuefatte!
Ah! piccola nota verso tutti gli espositori che hanno offerto assaggi invitanti dietro piccola ricompensa, in alcuni casi a mio avviso anche eccessiva (50 cent o 1 euro per piccoli assaggi), a tutti questi rivolgo il quesito che si è sollevato in me mosso dalla considerazione che la partecipazione ad un evento fieristico deve avvicinare la gente, anche a costo di perdere qualche soldo a fine bilancio (del resto fiera è e fiera significa investimento in termini di immagine più che guadagno immediato) piuttosto che applicare ancora una volta la politica del guadagno facile contro ogni evidenza.
Del resto il prezzo del biglietto di ingresso, 20 € non abilita il visitatore all'assaggio generalizzato, inconsulto ed ingordo ma lo avvicina a quei sapori che chi offre deve poter mettere a disposizione e condividere.
Penso a Vinitaly e alla possibilità che offre -come corrispettivo di una tariffa elevata di ingresso- ai suoi visitatori di assaggiare a piccole dosi s'intende i molti vini che raccoglie.
Mi piace pensare che il prossimo salone del gusto sia anche occasione di incontro per chi mi legge ma soprattutto per tutti gli amici blogger che ogni giorno mi fanno compagnia con le loro ricette e soprattutto con la loro voce narrante.
altri scatti nei prossimi post!

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mercoledì 22 ottobre 2008

.. il Gusto!


di fiore in fiore
- rigorosamente viola da tempi non sospetti!-
venerdì e sabato volerò nel bel salone del gusto
nella suggestiva Torino
è la mia prima esperienza e spero di incontrarvi
i colori, i volti, le parole
i gusti e profumi del mondo che mi piace immaginare
quando le gambe sono incrociate
e quando invece sgambettano fortunate
alla volta di una nuova strada del viaggio da percorrere.
per chi mi legge e per chi ci sarà
sarò piacevolmente emozionata di condividere
un morsetto di Gusto con chi vorrà!

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domenica 19 ottobre 2008

meringando


.. e dunque come anticipato
la meringata autunnale!
ad essere sinceri si tratta di un dolce
che non è particolarmente nelle mie corde
non essendo un'amante appassionata della meringa
ma è stato commissionato da chi nella panna e meringa
scioglie i propri occhi
e allora il piacere di realizzarlo
si unisce alla responsabilità
di preparare una nuvola il più golosa possibile!


il procedimento naturalmente è lo stesso delle meringhe rosa
che ho postato qui, le dosi sono naturalmente aumentate.
per realizzare due dischi da 24 cm ho utilizzato gli albumi di 6 uova medie bio.
ovviamente vanno pesati e il valore ottenuto moltiplicato per 2.2, otterremo così il peso dello zucchero.
naturalmente gli albumi devono essere a temperatura ambiente, benissimo toglierli dal frigo la veglia o lasciarli intiepidire un'oretta circa prima dell'inizio della preparazione.
aggiungere un pizzico di cremor tartaro agli albumi e iniziare a media velocità a montarli. quando iniziano ad acquistare volume cominciare a versare gradualmente lo zucchero aumentando contestualmente la velocità delle fruste.
procedere sino ad esaurimento dello zucchero e lasciare montare ancora per circa 6,7 minuti per consentire allo zucchero di sciogliersi.
una volta pronti gli albumi versarli in un sac à poche e iniziare a giri concentrici a disegnare su un foglio di carta forno della misura della teglia prescelta il disco.
per la meringa nella foto ho usato uno stampo quadrato e uno a fiore per creare un po' di irregolarità nel dolce. Naturalmene la forma deve essere scelta a piacere!
procedere sino ad esaurimento della meringa.
infornare a 70°C per 3 ore. la meringa è cotta quando è secca, friabile e leggera. se leggermente umida ancora si può spegnere il fuoco e dimenticarla al suo interno fino a quando la temperatura non scende completamente.
a parte montare la panna.
io ho utilizzato 2 confezioni da 250 gr di panna fresca che ho lacsiato nel freezer per dieci minuti prima di montare. l'ho montata con un paio di cucchiai di zucchero a velo, a mio avviso è la giusta quantità per non rendere il dolce troppo stucchevole.
si può decidere di inserire dei lamponi all'interno della meringa. in questo caso, il gusto fruttato e acidulo dei lamponi contrasterà il gusto più morbido e zuccherato della meringa. E' la variante che personalmente preferisco.
Nella meringa della foto, causa mancanza di fruttini rossi, ho optato per la classica versione al cioccolato, spezzettando e grattuggiando circa 100 gr di cioccolato fondente di buona qualità che ho unito alla panna montata.
con il sac à poche distribuire la panna sul primo disco cercando di creare dei cerchi concentrici. appoggiare l'altro disco e porre in frigorifero.
piccola nota: la panna tende ad ammorbidire la meringa. io preferisco una meringa un po' più morbida e monto così il dolce un'oretta prima di attaccarlo. sappiate però che se preparate la meringa la mattina per la sera, o in generale con largo anticipo, è preferibile riservare il montaggio a qualche ora antecedente per non ammorbidire troppo la meringa.

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mercoledì 15 ottobre 2008

la torta pirata


e come mi dà soddisfazione la frolla!
sì perchè di ricette di pasta frolla ce ne sono tante,
e credo di averne provate in gran quantità
l'ultima delle mie avventure a mani unte risale a questa crostata di frutta
che ho preparato per i miei compagni di teatro
è una frolla vera, di quelle davvero fatte di rossi d'uovo e burro
e che lascia tracce briciolose di sè
attorno alle bocche golose e sulle dita scivolate sulla crema.
la crema è una chantilly molto aromatizzata alla vaniglia,
ho trovato delle stecche profumatissime nell'ultimo giro da Detou
(grazie alla guida parigina di Babette!)
e non potevo resistere nel colorarla con tanti pois neri ipnotizzanti ed esotici!

dunque la mia nuova frolla
250 gr farina OO
50 gr farina O
85 gr zucchero semolato
un po' di raspatura di limone senza difenile
130 gr burro
3 tuorli
un cucchiaio di acqua fredda
setacciare le farine, unire lo zucchero, la raspatura di limone e mescolare.
tagliare a cubetti piccoli il burro freddo e sabbiare il composto lavorandolo il più velocemente possibile e omogeneizzando il burro con le farine zuccherate profumate.
separare 3 tuorli d'uovo ed aggiungerli al composto burro+farine. lavorare velocemente e a seconda dell'umidità aggiungere uno o due cucchiai da zuppa di acqua fredda. consiglio di procedere a tranche per non dover poi rimboccare l'impasto di ulteriore farina nel caso si sia aggiunta troppa acqua.
avvolgerlo nella pellicola e lasciarlo riposare per almeno 15 minuti. (il tempo di riposo può essere ben superiore, in questo caso specifico avevo poco tempo a disposizione, ho utilizzato a stretto giro la frolla).
stendere la pasta su un cerchio adagiato su carta da forno (come nell'immagine il cerchio è a forma di fiore, va benissimo naturalmente un cerchio qualsiasi o la teglia da crostata che utilizzate usualmente) e punzuecchiare la superficie.
cuocere in forno preriscaldato a 180° dopo aver ricoperto la frolla con un foglio di alluminio sul quale avrete versato dei ceci secchi o fagioli (il peso consente di trattenere la frolla dal sollevarsi durante in cottura lasciandole la forma dello stampo). quando raggiunge un colore caldo, estrarla dal forno e lasciarla raffreddare.
a parte realizziamo la crema chantilly.
per questa crema, volevo una consistenza decisa e ho utilizzato
1 tuorlo e 1 uovo intero
100 gr zucchero
1 stecca di vaniglia
30 gr maizena.
450 ml di latte
ho sbattuto uova e zucchero fino a quando non sono diventati ariosi e leggeri. ho aggiunto la maizena setacciata e ho omogeneizzato per bene. aggiungo i semi di vaniglia e la stecca la tengo da parte. aggiungo a filo il latte che nel frattempo ho riscaldato e la stecca. pongo in tutto su fuoco lento e mescolo fino a quando la crema non ha raggiunto dopo il bollore la consistenza sperata.
la lascio raffreddare ricoperta con della pellicola trasparente a contatto con la crema, per evitare che si ossidi e formi la "pellicina".
una volta raffreddata monto 250 gr di panna fresca che ho lasciato per una decina di minuti nel congelatore. la aggiungo con delicatezza alla crema, cercando di inglobare aria per renderla soffice e leggera.
è curioso ma l'aggiunta di burro o panna alle creme si chiama "alleggerimento" a dispetto del conto calorie che invece sale. in realtà aggiungere burro, come nel caso della crema mousseline o panna come in questo per la chantilly, rende la crema proprio più ariosa e la sensazione è proprio quella di renderla leggera.
del resto si sa che i piccoli paradossi rendono la vita assai più curiosa!
infilare la crema in un sac à poche e disporla con cura sulla frolla.
lavare e asciugare lamponi e more e disporli a piacere sulla crema.
li ho spolverizzati di zucchero a velo.


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sabato 11 ottobre 2008

lenta pazienza


l'ultima settimana di settembre
mi sono divertita a superare
.. il trauma delle meringhe.
sì, generalmente quando qualcosa non riesce col buco
in tutti i sensi
- come è successo in passato tra me e le meringhe appunto-
lascio passare un vitale lasso di tempo
per darmi l'occasione di rifletterci un po' su
ed afferrare poi le maniche con convinzione
rimboccandole con l'auspicio di farcela, questa volta!
e così è andata,
meringhe lasciate scaldare lentamente nel forno per ore
grandi, piccine, bianche e colorate
per festeggiare una paio di ricorrenze speciali
.. col cuore ritrovato.
eh si, anche lui ogni tanto si dà latitante!

la ricetta che io ho seguito in realtà è data dalla somma di tante ricette cho letto ed ascoltato e che ho digerito nel tempo.
la prima regola che ho appreso è data dalla temperatura degli albumi che devono essere a temperatura ambiente e non dunque da frigo.
Naturalmente devono anche essere puri ovvero privi di ogni minima traccia di grasso del recipiente in cui li verseremo piuttosto che di tuorlo.
la seconda le dosi.
la pasticceria è una miscela di dosi, precisione e cura e le meringhe conservano la difficoltà di pesare la quantità di albumi scelta/a disposizione e moltiplicarla per 2,2.
si otterrà il peso dello zucchero data la quantità di albume di partenza.
non so se Pierre Hermé o il pasticcere vicino a casa mia segua questa regola ma poso garantire che funziona!
la terza, disporre di un buono strumento per montare le chiare d'uovo. buono sia per potenza sia per capienza. una elevata quantità di albumi, per es. 5, 6 albumi potrebbe creare problemi nel montaggio. in questo caso è preferibile procedere a tranches.
il tempo sarà fondamentale per sciogliere lo zucchero mentre gli albumi montano e diventano sempre più spumosi e brillanti.
la temperatura. la meringa vuole pazienza, il forno dev'essere moderato, 70/80°C.



detto questo, la quantità di partenza dipende dalla quantità di meringhe che si intende confezionare.
per una trentina/quarantina abbondante di piccola misura direi che due albumi di due uova medie possono bastare.
io aggiungo sempre un pizzico di acido citrico. procedo a media velocità solo con gli albumi e quando iniziano a guadagnare in massa inizio lentamente a versare lo zucchero poco a poco, lasciando un paio di minuti ad ogni passaggio per farlo sciogliere nel montaggio. aumento contestualmente la velocità.
aggiungo al composto qualche goccia di essenza di lampone (rosa, vaniglia, fiori d'arancio.. a piacere naturalmente) e un pizzico di colorante rosso.
procedo in questo modo fino ad esaurimento dello zucchero e lascio ancora una manciata di minuti a velocità sempre sostenuta per fare omogeneizzare la meringa.
naturalmente lo zucchero può essere semolato oppure in polvere. per questa preparazione può andare anche lo zucchero in polvere maison, ovvero lo zucchero semolato tritato nel frullatore.
specifico, per questa preparazione, perchè lo zucchero in polvere che si trova abitualmente in commercio in realtà è composto anche da una piccola percentuale di amido che per certe preparazioni è di forte utilità.
versare il composto in un sac à poche con una bocchetta scelta a piacere e disegnare le meringhe su carta forno.
volendo si possono spolverizzare di cacao o di una leggere granella di nocciole.
o di quelc che in quel momento attraverso occhi e mani.
infornare a bassa temperatura, io resto sui 70° circa (forno ventilato) e le lascio cuocere per 3 ore.
dopo tre ore le assaggio e decido se sono cotte a mio gusto!
mia madre le adora quando conservano un piccolo e goloso ripieno fondente.
si conservano in una scatola di latta o al riparo per più giorni. a dire il vero non hanno mai superato i tre ..
PS i miei disastri più comuni sono stati causati ex post da
1. temperatura elevata del forno, superiore ai 100/120°. può sembrare una sciocchezza ma la meringa deve cuocere lentissimamente
2. tempo impiegato nel montare albume e meringa non sufficiente. in questo caso lo zucchero presente negli albumi non si è sciolto completamente e ha caramellizzato una volta in forno non solo scurendo le meringhe ma impedendo loro di raggiungere il grado ottimale in cottura, asciutte, leggere, secche.
sono curiosa di sapere i vostri! ma soprattutto consigli sfiziosi!

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giovedì 9 ottobre 2008

le sorelle tatin


ultime gocce di caldo estivo
sono queste due tarte davvero semplici e veloci
da preparare in ultima istanza se un grappolo di amici viene a trovarci
o se alla cena siamo noi gli invitati
in realtà le due tarte tatin celebrano gli ultimi frutti estivi, le pesche le more e i lamponi
di cui sono ghiotta
e aprono le danze alle prugne settembrine che accolgono le prime foglie color tramonto,
sia le prime che le seconde hanno una versatilità eccezionale
sono ottime nei dolci, nature, in confetture golose
da stappare durante il freddo inverno
per un tuffo nelle acque estive dei nostri ricordi!

per ora la ricetta universale della tarte tatin
i frutti possono essere sostituiti a seconda della stagione e del gusto personale
nel mio caso ho utilizzato per le prugne una teglia con diametro 30 e circa 2.5 kg di frutti mentre per la tatin alle pesche una teglia con diametro 24, circa 2.5/3 kili di pesche.
la bellezza di questa torta sta nella disposizione delle metà dei frutti scelti che non deve lasciare spazio tra una pancia e l'altra. consiglio per questo di acquistare qualche frutto in più per non ritrovarsi poi con buchi qui e lì.
il procedimento è universale e vale dunque per qualsiasi frutto si scelga (pesche, albicocche, prugne, mele, pere così come verdure, ottima di pomodori oppure di cipolle).
lavare la frutta, sbucciarla e tagliarla a metà.
preparare un caramello di acqua e zucchero di canna e burro e quando è colorato aggiungervi le mezze metà. farle rosolare una decina di minuti fino a quando non sono ammorbidite ed hanno rilasciato nel caramello i loro liquidi.
Io amo sfumare la frutta con qualche goccia di Cointreau o di rhum e lo segnalo per chi amasse un leggero aroma alcolico.
quando la frutta è pronta va disposta nella teglia scelta per la torta con la parte concava rivolta verso di noi (a pancia in sù). cercare di avvicinare il più possibile le metà tenendo conto che a seconda del tipo di frutta (per es. le prugne tendono a restringeresi maggiormente in cottura per l'elevata quantità di acqua) è prevedibile un leggero restringimento durante la cottura nel forno. il caramello della frutta andrà poi versato sulle metà disposte nella teglia.
srotolare un foglio di pasta sfoglia (a volte uso anche la frolla ma la sfoglia rimane a mio avviso la pasta migliore per fraganza e leggerezza, diventa al termine della cottura un corpo unico fuso con la frutta) precedentemente zuccherato se usate pasta sfoglia industriale (srotolate il disco, cospargete di zucchero di canna e livellate con il mattarello sì da far penetrare lo zucchero nella pasta).
rimboccate l'eccesso di pasta sotto la frutta, bucherellate il disco per far uscire il vapore durante la cottura ed infornate a 220° salvo abbassare gli ultimi dieci minuti la temperatura a 180°.
la pasta sfoglia apprezza le alte temperature perchè in questo modo fa evaporare l'acqua in essa contenuta, facendone staccare i fogli che si alzano per effetto del vapore (pasta che sfoglia per l'appunto).
la cottura si aggira sui 30' ma naturalmente dipende dal vs forno.
ritirata dal forno, fatela riposare un paio di minuti al termine dei quali rigirerete la teglia su un piatto da portata.
se qualche metà dovesse restare affezionata al fondo della teglia staccatela dolcemente e riponetela al suo posto. con il caramello di frutta cospargete la superficie della torta.
io mi sono divertita a spezzettare dei pistacchi naturali e a colorare per contrasto la tatine alle prugne.
per quella alle pesche qualche tocco di colore con frutti di bosco.

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lunedì 6 ottobre 2008

La storia d'amore raccontata per Cavoletto

partecipo con piacere ed emozione al concorso di Sigrid
ecco allora la mia di storia d'ammmore!
Con la pellicina eh! Lo voglio con la pellicina!

Seguiva generalmente una smorfia piacevolmente stanca di mia madre mentre preparava il piatto caldo del giorno.
Tanta passione e curiosità oggi nutro per il cibo, quanta ritrosia un tempo avevo nel trovare interessante un tavolo ricoperto di anonime stoviglie color latte, di posate ingombranti per le mie mani piccine e con qualcosa da inghiottire più o meno volentieri. E più verosimile ancora la noia che mi infieriva il momento del pasto, obbligandomi a restare seduta per un intervallo troppo lungo per le mie gambette nervose.
Così, il ricordo di un piatto amato si riduce per me a poche semplici cose: il cucchiaio di polenta che mia madre soleva rovesciare nel bicchiere serale di latte freddo, il pasticcio di piselli con l’immancabile crosticina ma soprattutto l’instancabile riso al latte.
Di quel piatto ricordo il profumo leggero e ovattato che si spargeva in cucina.
Afferro ancora a memoria come respirava l’aria quando sul fuoco mia madre girava un pugno di chicchi di riso nel latte, con paziente, indomita cura.
Ripesco allo stesso modo i fiocchetti di burro che dopo una quindicina di minuti, al termine della cottura, quando il riso ormai stanco aveva già rilasciato il suo amido nel latte, si scioglievano morbidi e creavano degli aloni lucidi di panna sulla superficie della minestra.
A quel punto, scendevo dalle punte dei piedi che mi avevano consentito un rapido controllo da copilota al fornello, un breve giro intorno alla sedia e poi di scatto seduta a metà, con il cucchiaio tra le dita mentre queste, affrettate, cercavano di annodare un tovagliolo colorato di chissà quanti pasti capricciosi.
E scorgevo la pentola avvicinarsi, il mestolo rilasciare la crema di latte e riso ed io incantata osservarla addensarsi, con i gomiti a stampella mentre gli occhi, ad ingannare l’attesa, interrogavano tutti quei chicchi dalla forma singolare, curiosa e quanto mai simpatica.
Per un carattere impaziente come il mio, che ha sempre morso la vita, quello era l’istante solenne in cui si dilatava il desiderio di assaggiare la rotonda crema di latte che riposava dinanzi ai miei capelli spettinati. Solenne perché con l’attesa avrebbe guadagnato una morbida pellicina, come quella nota del budino, il cui infrangersi avrebbe svelato un ripieno fondente più chiaro.
Due abbondanti tazze di latte a bollore, un dolce pugno di riso, qualche fiocco di burro e un pizzico magico di sale.
Ecco il segreto per godere di dieci minuti preziosi di silente gioia della piccola peste irrequieta.
E ad oggi è ancora il mio segreto quando chiudo i balconi ad una stanca giornata e indosso il rassicurante sapore che quella peste ha portato con sé.

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